talentaccio

mi è tornata voglia di scrivere

19 marzo 2006

Lo squalo


Da quando mi ricordo ho sempre avuto una fottutissima paura degli squali. Una paura tanto fottuta quanto irrazionale. Se non altro perché nel Tirreno, l’unico mare dove mi sono bagnato in vita mia, di squali non ce ne sono. Almeno che io sappia. E le assicuro dottore che di squali me ne intendo. Di squali so tutto, ho decine di libri sugli squali. Li ho studiati. Più li conosco e più mi fanno paura.

Lo so benissimo che nel Tirreno, l’unico mare dove mi sono bagnato in vita mia, ci sono polpi e calamari, qualche balena, al massimo saraghi e dentici. Patelle e scorfani, scorfani tanti. Ma questi pesci di cui parlo, questi pascetti innocui, dottore, proliferano vicino al depuratore, dove arrivano i condotti di scarico del paese, non dove di solito vado a fare il bagno io. O meglio, dove fingo di andare a fare il bagno. Ma in realtà lì ci vado ad aspettare lo squalo.

La mia paura degli squali è paralizzante e mi crea un mare di problemi. Dottore, non sa quanti problemi può creare la paura di uno squalo a chi come me ha vissuto la sua infanzia e parte dell’adolescenza a due passi dal mare. In un paese dove il mare è il centro della vita di tutti. Vecchi e ragazzi. Io vengo da una piccola località marittima, che d’estate si riempie di turisti, ma soprattutto di turiste straniere che quando arrivano in Italia una cosa sola si aspettano dagli indigeni: di essere corteggiate, nemmeno troppo. Loro, le turiste straniere, si aspettano soprattutto di fare il bagno vestite di notte al buio sotto le stelle per poi potersi spogliare sulla spiaggia con la coscienza a posto e la pelle salata nel riflesso lunare e lasciare tutto in mano a chi le raccoglie stremate dalle bollicine notturne per farle sentire, come dire, in vacanza.

Se penso a tutte le ragazze che mi sono giocato in vita mia al mio paese per non essermi tuffato nell’acqua a inseguirle, se ci penso mi taglierei le mani e non solo quelle. E per cosa? Per paura del fottutissimo squalo bianco.

E’ nato tutto quell’estate di 22 anni fa, avevo sì e no cinque anni. Ero sulla riva del mare a giocare con la sabbia e i ciottoli, quando all’improvviso un’onda mi ha trascinato in acqua. Il mare era molto mosso, sulla spiaggia libera c’era la bandiera rossa che sventolava per il vento forte che sferzava la riva. Mio padre era lì con me, parlava con un amico e si era distratto quando l’onda mi portò via.

Mio padre mi ha sempre raccontato che ci sono voluti dieci minuti buoni per riportarmi a riva sano e salvo e che quei dieci minuti sono stati i peggiori della sua vita perché non sapeva che pesci pigliare. Mi aveva perso di vista e non sapeva da dove cominciare le ricerche, anche se era ovvio che fossi finito in acqua chissà dove, risucchiato dai gorghi. Alla fine lui e l’amico mi avevano trovato qualche decina di metri al largo, stremato fra le onde, e mi avevano riportato a riva. Ero svenuto, avevo bevuto. Ma stavo bene.

Dottore, in tutta franchezza non ho mai saputo se sia vera questa storia che mi ha raccontato mio padre. Mi sembra altamente improbabile che un bambino di cinque anni possa sopravvivere così a lungo in balia delle onde di un mare mosso con tanto di bandiera rossa. Soprattutto perché a quell’età non sapevo nemmeno nuotare.

Io a mio padre non gli ho mai detto niente, non gli ho mai confessato che tutta quella storia mi sembrava una balla colossale, che puzzava di bruciato lontano un miglio. Gli ho sempre lasciato credere che la sua versione dei fatti mi convinceva pienamente. Anzi, lui non dubita affatto che io stesso ci creda veramente al cento per cento. Lui crede da sempre che io sia convinto che le cose sono andate davvero così. In fondo, ero soltanto un bambino di cinque anni. La sua verità è diventata anche la mia, a tal punto che quando mio padre ne parla – lo fa ancora ogni tanto, vantandosi – ricorda ogni volta con maggior dovizia di particolari il suo eroico gesto di ritrovarmi, ripescarmi mezzo morto e riportarmi a riva dopo la sua titanica battaglia vinta con le onde forza nove. Io gli do manforte. La sua verità è diventata anche la mia. Stop.

Anche se sinceramente, frugando dentro di me, non ricordo affatto che le cose siano andate così. L’unica cosa che ricordo di quel giorno lontano è la bandiera rossa, il mio secchiello e la paletta e mio padre che parla con qualcuno, ma secondo me era una donna, non un suo amico. Sì, proprio così, una donna con cui si era appartato lasciandomi solo sulla spiaggia. Ma non ne sono sicuro. E’passato tanto di quel tempo.

Ma alla fine non è questo che importa. Non importa che mio padre sia un impostore e mi abbia instillato con la menzogna un terrore vero per quanto irrazionale per gli squali. Un terrore paralizzante che nasceva dalla mia paura infantile per il mare, che da quando mi ricordo è legato alla balla colossale di mio padre e a quel colore rosso che forse, pensandoci bene, non è la bandiera, ma quello del costume da bagno intero di quella donna che non era un suo amico. Ma sa, dottore, non è che mi ricordi bene, li ho visti soltanto di spalle mentre si allontanavano dalla mia vista cingendosi la vita. Ma quello su cui poggiava la mano di mio padre di certo non era il culo del suo amico.

Non importa che mio padre con la sua menzogna mi abbia rovinato la vita. Impedendomi di avere una normale vita sessuale visto che lì, nella località marittima dove ho trascorso la mia infanzia e parte della mia adolescenza, o ti scopi una turista d’estate oppure ti fai delle interminabili seghe per lunghi, freddi e grigissimi inverni adolescenziali. Perché anche le ragazze del paese aspettano l’estate per andare con i turisti di città e d’inverno col sesso si arrangiano da sole. E per te non ce n’è manco se preghi. No, non è questo che importa, dottore. Quello che conta, dottore, è che io nonostante sappia tutte queste cose sul mare, sugli squali e su quello stronzo di mio padre continui ad avere una fottutissima paura degli squali.

E dire che in mare aperto non ne ho mai visto uno dal vero, di squalo. Nemmeno col binocolo. Non ho mai visto nemmeno una pinna, una piccola lurida pinna del cazzo spuntare dal Tirreno, perché quello è l’unico mare dove mi sono mai bagnato. Né di squalo né di alcun altro genere di pesce ho visto spuntare una pinna da quel cazzo di pelo dell’acqua. Eppure, le assicuro dottore, che da quando mi ricordo ogni volta che vado in spiaggia passo il mio tempo a scrutare la cresta delle onde, dalla terra ferma, per scorgere uno squalo. Un piccolo, stupido, lurido squalo del cazzo.

Sarebbe meglio dire che quando vado alla spiaggia non faccio altro che aspettare il suo arrivo, l’arrivo del grande squalo bianco che aperte le sue fauci si lanci su di me per azzannarmi e finirmi in un sol boccone. Non senza prima avermi sfregiato e massacrato lentamente partendo dalla faccia, facendo affondare i suoi denti aguzzi nella mia pelle fino in fondo.

In realtà, dottore, io lo squalo lo aspetto sempre, anche quando non sto al mare. Mi basta la presenza dell’acqua. Quando mi capita di andare in piscina, faccio il giro intorno al bordo della vasca almeno due volte e controllo sul fondo. Dappertutto, perché lo squalo, l’enorme squalo bianco potrebbe trovarsi anche lì. Magari nascosto nelle tubature, pronto a uscire fuori all’improvviso e ammazzarmi. Quando entro in mare resto sempre dove ci tocco. Per poter controllare meglio il suo arrivo. Perché, dottore, lo so che prima o poi quella bestiaccia marina arriverà e non voglio che mi prenda alla sprovvista.

Voglio essere pronto per il suo arrivo, anche se sinceramente le cose sono peggiorate da quando mi è calata la vista e ci vedo meno bene. Da quando porto gli occhiali, al mare dove non ci tocco non ci vado più. Ed è anche per questo che porto sempre questo binocolo con me, lo porto sempre con me anche nella ventiquattrore, per controllare da lontano all’occorrenza. La mia paura è diventata talmente violenta e persistente che temo di vedermelo spuntare all’improvviso da una pozzanghera, per strada, o magari uscire miniaturizzato dal rubinetto mentre mi lavo le mani per gonfiarsi poi all’improvviso e ammazzarmi lì, sul pavimento piastrellato del bagno, magari al lavoro, un pomeriggio di un lurido mercoledì infrasettimanale.

Adesso che vivo a Milano – mi sono trasferito qui perché non c’è il mare - quando di sera dopo il lavoro mi sto godendo il mio sacrosanto aperitivo all’happy hour, dottore, magari con una donna che dopo anni e anni di rinunce e sudate carte finalmente non devo inseguire in acqua al buio di notte perché finisca a letto con me, a volte mi sorprendo a guardare sopra la sua spalla, al di là del suo volto dalla pelle levigata di aloe e alghe, oltre il suo inebriante profumo, per controllare se lo squalo, l’enorme squalo bianco, non stia per saltare fuori dal Naviglio, sfondare la vetrata del bar giapponese dove stiamo sorseggiando uno screw driver, in attesa di andare a quel nuovo sushi bar alle Colonne, piombandomi addosso con tutto il suo peso, attaccandosi con le fauci spalancate alla mia gola e sfondandomi il cranio a morsi.

3 Comments:

At 9:36 PM, Anonymous Anonimo said...

beh.... wow molto interessante e davvero... davvero troppo esagerato verso la fine...
io ho una paura matta e ancora piu fottuta degli squali.
e vivo quasi frontemare... io il mare lo vedo dalla finestra della mia camera, se mi metto in piedi sul letto. lui e le sue onde scure e spumeggianti. a volte verde, a volte blu, mosso o calmissimo, come uno specchio... ma quanto vado sul pontile.. quello è il momento peggiore.. vedo quell'acqua che per quanto azzurra possa essere, non mi lascia vedere quello che c'è sotto... e sento la mia amica che è felice per l'arrivo dell'estate e mi dice che tutti i giorni andremo al mare a divertirci e a conoscere tantissimi ragazzi... ma io non so come dirlo che nel mare non mi ci voglio buttare mai piu!! e allora penso L'ESTATE GIOCA A DADI ALLA CASA DEL POPOLO.. L'ESTATE è UNA TESSERATA DELL'ULIVO... 'FANCULO L'ESTATE!!!
e 'fanculo gli squali.

 
At 11:54 AM, Blogger the sailor said...

ciao, anch'io ho una paura irrazionale degli squali, da sempre, dopo aver visto il film (avevo circa 14 anni) non sono più riuscita ad entrare in acqua. Sognavo che la mia casa si allagasse di notte e arrivassero gli squali a mangiarmi mentre dormivo. Non riuscivo più ad andare in piscina perchè ogni volta che le mie orecchie scendevano sotto il filo dell'acqua cominciavo a sentire la musica dello squalo. Fortunatamente ho dei periodi in cui l'irrazionalità prende il sopravvento. Mi hanno proposto di lavorare su una nave, un transatlantico e sono partita. Ho vissuto 3 mesi navigando. Essere in mezzo al nulla con acqua blu ovunque è una sensazione bellissima che mi manca molto. Sempre per lavoro mi hanno calato su un pilot, una barchetta di circa 2 metri lanciata per 2 ore a tutta velocità all'inseguimento del transatlantico (dovevo filmarlo in mezzo all'oceano). Prima di salire avevo una fifa folle. Appena siamo partiti non ho pensato più a nulla se non a lavorare, mi sono divertita molto e il tempo è volato. Il mare mi manca molto ma per ora non se ne parla di mettere piede in acqua. Però due settimane fa mi sono iscritta in piscina e due giorni fa ho nuotato senza problemi nella vasca olimpionica del foro italico, quella dei tuffi dove non si tocca. Quando mi immergo non sento più la musica e faccio tranquillamente le mie vasche. Ti consiglio di vedere "La mia super ex ragazza" c'è una scena con uno squalo che vola in un appartamento e ogni volta che la vedo mi fa morire dal ridere.

 
At 4:55 PM, Blogger .:*-*:.lilly.:*-*:. said...

anche io ho molta paura degli squali infatti quando sto al mare e col mio allenatore mi devo fare i luridi 200 m di stile vado + veloce ke mai perkè almeno penso ke lo squalo nn mi akkiappa invece lui potrebbe essere proprio lì davanti a te con quella bocca assasina aperta e tu potresti entrarci dentro avvolta dal sangue...brr mi vengono i brividi solo a pensarci...Io ho avuto un sakko di incontri con gli squali ma il più brutto è stato a 9 anni...stavo sulla barca a vela con i miei genitori e m era caduta una cosa nell'acqua(in quel tempo nn avevo peura degli squali)mia madre mi aveva raccomandato di nn buttarmi in acqua se nn stavamo a riva xkè a lampedusa ci sn una sacco di squali e anke lei aveva 1 paura cane...ma io dovevo riprendere xforza quella stupida palla e dei squali me ne fregavo allora mi buttai in acqua mi madre dall'oblò si accorse di uno squalo che ci passava accanto e poi mi vide le gambe,iniziai a urlare e a muovere le gambe come una matta e mentre mio padre si tuffava e mia madre era svenuta lo squalo si avvicinava sempre di + a me ,provai a risalire e finalmente ci riuscii ma con una strisciata ke mi fece con la pinna ...fortunatamente quella vicenda finì bene xò adesso ho una paura nera degli squali.una volta ne ho incontrato un altro a le canarias che stava banchettando con poveri pesci...ne ho incontrati altri poi in giro per i mari italiani e adesso che mi sto allenando per le italiane di nuoto in mare aperto ho un sakko di paura...

 

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