talentaccio

mi è tornata voglia di scrivere

15 giugno 2011

Non succede tutti i giorni


Erano le 9,30 di mattina, ero appena uscito di casa, in via dello Statuto 44, ma quando sono arrivato alla metro c’era qualcosa che non andava. Dal sottopassaggio saliva una fiumana di gente, tutti di corsa con lo sguardo nel vuoto. Nessuno parlava, sembravano tutti sotto choc. Allora sono sceso giù, nel sottosuolo di Piazza Vittorio, e lungo il tunnel si vedeva il fumo nero che saliva su. A metà strada faccio dietrofront. E torno su all’aperto. Di sotto c’era stato il tamponamento della metro, c’erano un casino di feriti, insanguinati. Un vagone fermo alla stazione era stato tamponato da un altro, che arrivava veloce dietro, in direzione Spagna.

Mi sono messo a parlare con la gente che veniva da sotto, ho chiamato rinforzi, Gianfranco con la macchina fotografica, poi alla spicciolata sono arrivati tutti gli altri cronisti e colleghi. Mi chiamano da Cagliari, io sono già lì da almeno tre quarti d’ora, non ti preoccupare è tutto sotto controllo, ero lì prima delle agenzie. Per caso, ma c’ero. Alla fine, io ho fatto il pezzo sulla gente, il pezzo della strada, con i commenti delle vecchiette e dei cinesi sotto i portici, che portavano le sedie di plastica alle vittime dell’incidente, lì nel sottosuolo di Piazza Vittorio. Ed è stato così che è cominciato tutto. Per caso. Una ragazza è morta, il macchinista è ancora sotto processo, pare che avesse ricevuto chiare direttive di non rispettare il semaforo rosso, per accelerare il servizio.

Ora che tutto è finto, ora che ci sono anche gli indagati per evasione fiscale in odore di bancarotta fraudolenta, ci sono cose che mi tornano in mente. Sembra un’altra vita.

E-Polis è durato quattro anni della mia vita e per ora è il lavoro più lungo che ho avuto.

Il telelavoro non lo rimpiango, però il giornale sì. Come quella volta che sono andato in Campidoglio dopo quell’incidente della metro, c’era un consiglio straordinario sulla morte della povera ragazza. Veltroni contrito, l’aula in lutto. E alla fine, quando esco, qualcuno dei colleghi nella calca mi aveva fregato il casco. Allora io senza pensarci due volte ne ho rubato uno a caso, nel mucchio, e sono volato al pc per scrivere il pezzo. Do ut des, mors tua vita mea, ora uso sempre quel casco, ci ho messo sopra una copertura con la bandiera della Giamaica, sono passati quasi cinque anni. Tra l’altro stringe un po’ il casco, ma nemmeno troppo.

Mi ricordo Zovirax, quel ragazzo napoletano che ogni tanto gli veniva l’herpes, napoletano ma tiene per la Roma. Ora sta a Milano, ciao Zovirax. Mi ricordo Cagliari, che da lontano sembrava Genova, da vicino si mangiano delle bistecche di cavallo meravigliose.

Mi ricordo tutti i sit-in sotto la Regione Lazio e l’occupazione del San Giacomo. E tutti quei pezzi di degrado, la cancellata anti-clochard al Colosseo, i centurioni romeni al Pantheon e le file di gente alla Gerit, i casini quotidiani, le tubature saltate, l’alluvione del Tevere, il cavallo morto al Colosseo, e i colleghi che mi prendevano per il culo perché non uscivo mai dal I Municipio, mi hanno dato la cittadinanza onoraria qui all’Esquilino.

Quei giri di nera alle undici di sera, da casa. E quando è morto il telefonino, con tutta la rubrica dentro, che ero in lutto, manco mi fosse morto il cane. E quando gli è venuto un infarto a mio padre e non sono nemmeno andato a casa perché stavo lavorando e allora, visto che è fuori pericolo, allora tanto vale che resto qui, perché domani esce il giornale.

E la protesta alla Stazione Tiburtina, con i comitati avvelenati con l’alta velocità e le Fs con il Comune che cacciano il grano per le compensazioni, chissà se quei soldi alla fine sono arrivati. La serrata dei taxi, i lavori della metro C, l’edicola spostata con la gru in piazza Malatesta, le soffiate, i tavolini selvaggi, i parcheggi assurdi, i miasmi alla Centrale del Latte di Casal Monastero, le aziende massacrate dall’Aniene nella Tiburtina Valley, il pedaggio sul Gra. Le quattrocento famiglie lasciate in un residence, dopo che il loro palazzo a Cinecittà era andato a fuoco.

La cosa bella era in via Merulana, dal benzinaio c’era sempre il pacco di copie di E-Polis. E vedevi le vecchiette il giorno delle Palme, in una mano il rametto d’ulivo e nell’altra E-Polis. E il 2 maggio, il numero con “The day after”, le foto delle bottiglie di Beck’s vuote dopo il concertone a San Giovanni. E al TG3 la gente ai sit-in con E-Polis in mano, mentre protesta, magari per il rumore dei binari del tram 8. E il senzatetto davanti al Sir, il sabato mattina, che dava via il giornale alla gente che usciva dalla spesa con i sacchetti in mano. Il comando di Polizia in via Petrarca con il mucchio di giornali allo sportello. E il pacco dal macellaio che alle nove era già finito. Le pagine del giornale usate per i lavori di ristrutturazione dei negozi a Monti. E per incartare il pesce o coprirti il culo dal sellino bagnato del motorino.