talentaccio

mi è tornata voglia di scrivere

08 giugno 2006

L’altro giorno sono andato al Sir


L’altro giorno sono andato al Sir. Il freezer era vuoto, la Pina voleva cucinare la tiropita, un piatto greco. Dice che mi vuole allenare lo stomaco, quest’estate andiamo in vacanza a Rodi. Le ho detto ok, ti accompagno a fare la spesa, voglio che mi venga la panza del Pireo. Siamo entrati al Sir, ho messo l’euro nel carrello e abbiamo preso un po’ di cosette: yogurt, banane, latte, succhi Ace alle carote ecc. Per la colazione.

Davanti al frigo della carne mi sono accattato una doppia sberla di carne argentina. Le sto provando tutte: argentina, danese, italiana ecc. Voglio farmi una cultura carnivora. Poi a casa invece della tiropita mi sono calato questa sberla di carne, buonissima, al sangue. C’avevo voglia di carne, c’erano anche i cavolfiori che fanno bene all’intestino e lui l’intestino bisogna pensarci ogni tanto che esiste anche lui colon o tenue che non si capisce la nomenklatura dell’intestino.

Poi, come d’incanto, come entrando in un mondo parallelo, come sfondando il muro del suono, come andando a finire di colpo dentro a un film, arrivo davanti al banco dei formaggi. Non devo comprarmi niente, sto parlando del più e del meno con la Pina, passo vicino a una coltre di capelli grigi e neri e rossi – vecchie ritardatarie che vanno a fare la spesa troppo tardi per i loro standard classici – un tizio in coda si spazientisce perché i macellai stanno a cazzeggià non poco, lì dietro al bancone arrotando le lame dei coltellacci e sparano minchiate a raffica in presenza dei clienti fottendosene altamente della fila parlano di una trasmissione di calcio della sera prima su Tele Roma56.

“Ahò, annamo, devo andare a cucinà”, dice esasperato il cliente in coda, scoglionato di assistere allo show privato dei macellai. Ha fretta il cliente. Erano due i macellai. Uno più anziano, con il grembiule bianco e sopra un altro grembiule a righe verticali bianche e rosse sporco di sangue e il cappelletto classico bianco. L’altro più giovane, capelli corti, muscoloso, barbetta incolta, denti giallastri e sorridenti che continuava ad affilare la lama con l’apposito attrezzo di fronte ad una folta platea di clienti in attesa del loro turno fra una cagata e l’altra che si dicevano i due del banco dei formaggi e salumi.

Allora, il cliente spazientito, di mezza età, freme. E’ il suo turno e dice: “Ahò, annamo, devo andare a cucinà”. Quello vecchio dei due dietro al bancone gli risponde: “Che, te serve l’accendino?”. Quello giovane scoppia a ridere come un pazzo, lo stesso fanno gli altri clienti – alcuni – mentre certe signore con i capelli grigi si guardano negli occhi indecise se incazzarsi in massa o subire in silenzio in attesa che l’altoparlante elettronico annunci il loro turno “Numero 82”, dice la voce femminile accattivante.

Ogni volta che pare bocca i due macellai del banco del Sir le fanno il verso e ridono, poi fanno un inchino prima di tagliare grosse fette di prosciutto San Daniele o di incartare qualche bufala da sei chili. Il cliente che ha detto “Ahò, annamo, devo andare a cucinà” decide di mettersi a ridere e di darsi una calmata. Intanto, anche se si incazzava era peggio per lui, perché quello vecchio dietro al bancone lo tirava scemo e non lo serviva più.

L’altro giorno siamo andati al teatro India, vicino al Gazometro. Non l’avevo mai visto. Stranissima la facciata con tutte quelle scarpe di cemento armato, quelle scarpe da ginnastica, sembrano Nike, murate sulla facciata. Me ne sono accorto dopo un po’ che erano delle scarpe. Non si capisce subito, se guardi la facciata. Poi, siamo andati in pizzeria, a Ostiense, sulla Panda di Stefania. Mi piace andare su queste macchine scasciate vecchio modello. Mi sento accolto bene da quei sedili polverosi. Anche se mi dà fastidio salire su una macchina senza lo specchietto laterale dalla parte del guidatore. Su due amiche con auto scasciata che ho qui a Roma (Stefania-Panda, Muriel - Honda allucinante, del ’75, piena di residui sparsi: vecchi numeri del Mucchio strappati posati sul ripiano di dietro, bricioloni che sembrano quelli di un panino di un dinosauro rex che si è fatto un MacDonalds seduto dietro, bottiglie d’acqua vuote da un litro e mezzo per terra sui tappetini, pezzi sparsi di oroscopi e matite nere da rimmel sotto al sedile davanti che spuntano se Muriel frena all’improvviso) tutte e due vanno in giro senza lo specchietto dal loro lato. E lo specchietto retrovisore interno lo usano sempre e soltanto per guardarsi il trucco.

Insomma, mi dà fastidio e loro ci ridono e ci mettono lo scotch da pacchi sopra, sperando di nascondere l’assenza dello specchietto. e mi sono fatto una pizza alle cipolle che altro che cavolfiori, l’intestino lo prendono a pugni in faccia e lo riempiono di botte. Pugni a mani nude sono quelle cipolle crude, troppo valide, pugni senza guantoni in faccia a colon e tenue.

Ieri sera sono andato alla presentazione di un libro, si intitola “Escluso il cane”. Mentre aspettavo mi sono letto l’introduzione del libro di Terzani sulla Cina. Non ricordo il titolo, c’è lui in copertina fotografato davanti ad un portone rosso. Forse si intitola il portone rosso. Era strana l’introduzione. In realtà, ce n’erano due di introduzioni: la prima della seconda edizione, la riedizione del libro, del ’98. La prima, la prefazione originale, dell’84, quando aveva scritto il libro. Era strano leggere come le cose che diceva Terzani sulla Cina fossero molto cambiate a distanza di anni. Era strana questa descrizione delle dighe come un vincolo per i cinesi che dopo la morte di Mao diventano un rischio perché la manutenzione collettiva non esiste più. Era strano vedere come l’adozione del modello capitalista abbia distrutto un mondo ormai superato sostituendolo con un mostro, una riedizione del vecchio mondo cambiata nei contenuti – non più il comunismo ma il regime del capitale – senza modificare la sostanze delle cose. Cioè, che la Cina resta un regime. Un po’ come il calcio senza Moggi, secondo me arriva un altro sistema che marcisce in poco tempo, oppure un po’ come Mani Pulite, che poi è venuta la seconda repubblica che non so se sia poi tanto diversa dalla prima. E’ vero che erano passati 14 anni fra le due prefazioni. La prima in un certo senso l’aveva scritta a caldo, le impressioni di quello che aveva scritto erano più fresche. La seconda prefazione, anni dopo, era davvero diversa dalla prima. Mi ha fatto impressione notare come le cose e i giudizi sulla stessa cosa possano cambiare così radicalmente a distanza di tempo. D’altra parte le cose vanno così.

La cosa più bella nel commento dei due critici al libro “Escluso il cane” è stata quando uno dei due ha detto che non si capiva bene chi fosse più schiavo, se il cane al guinzaglio oppure il padrone che lo tirava questo cane al guinzaglio. Non si è capito bene cosa volessero dire, però era un pensiero profondo. Sembrava un precipizio come pensiero, si vede che a volte non sanno cosa dire e sparano questi precipizi o meglio burroni di giudizi sul libro.

Poi, hanno iniziato a parlare del libro dicendo che era stato stroncato dalla critica. Ma che questo non è necessariamente un male. La critica ha stroncato il libro perché una volta soltanto lo scrittore, che portava begli occhiali e in ogni caso aveva riempito la platea quindi almeno si può dire che ha un sacco di amici e per questo ha tutta la mia stima, ha usato l’aggettivo malmostoso. Ma belin, saranno un po’ cazzi suoi gli aggettivi che usa? O deve chiedere il permesso ai critici? Boh, sti critici criticoni. Che poi facevano finta di farsi una chiamata al cellulare, di fronte alla gente che assisteva alla presentazione del libro e di commentarlo così. Ma belin, non gliel’ha detto nessuno prima che dentro alla Feltrinelli di Piazza Argentina non prende nemmeno se preghi?

L’altra sera ho visto un film in divd con i controcoglioni quadrati. Si chiama La sicurezza degli oggetti, con Glenn Close a sessant’anni. Sono sempre molto contento quando vedo queste attrici sui sessanta che non si sono liftate. Mi sembrano coraggiose, visto che quasi tutte le loro coetanee si fanno aprire la faccia e le tette. Ne parlavo con Ludovica, l’altro giorno, mi diceva che era d’accordo con me.

Stasera vado a giocare a calcetto. Speriamo che mi facciano giocare con i bianchi. Sono tre mesi che mi porto sempre dietro la maglia della Germania, nuova, ma non l’ho mai potuta usare perché mi mettono sempre con i blu.