talentaccio

mi è tornata voglia di scrivere

01 giugno 2006

Salto in alto femminile


Ieri sera sono venuti Michele e Francesca a casa. La Pina ha cucinato, cena di pesce. Quando sono entrato a casa ieri sera era nel bel mezzo dei preparativi. C’era una puzza di pesce che sembrava di essere a Sottoripa, al mercato del pesce di Genova, la mattina alle cinque, quando scaricano le cassette. Stiamo al secondo piano, con la Pina, la ventilazione non è delle migliori. Lei la puzza non la sentiva, ormai era assuefatta, aveva anche pulito la cernia, aveva pesce dappertutto. E’ venuta lì, mi ha passato le mani piene di pesce nei capelli. Belin.

Non ho detto niente, perché alla fine poi dopo ho mangiato ai quattro palmenti e doppio menti. La cosa più buona era l’antipasto: un rotolo di mozzarella, questa sfoglia di mozzarella, farcito con salmone e rucola. Ve lo consiglio, il rotolone di mozzarella e salmone è delizioso, vino bianco, anche se poi Michele ha portato il rosso buono e non abbiamo detto di no.

Non ho mai capito questa regola che il rosso non puoi berlo con il pesce. Ma chi l’ha detto? Probabilmente se lo dicono sarà vero, che è meglio il bianco con il pesce. Mi fido. Però, per dire che le regole sono sempre opinabili, Michele ieri sera si è messo un quintale di grana nella pasta con il sugo di spada. Per i puristi del pesce questa è un’eresia peggio del ketchup nella pasta, però, scusa, se a lui piace così, spada con il grana, è sbagliato che se la mangi così? I gusti sono gusti, che bello scrivere un po’ di cose ovvie e trite e ritrite, in fondo nel mio blog ci scrivo quello che voglio. L’utero è mio e me lo gestisco io.

Parlando di mercati del pesce, mi sono stupito tantissimo quando ho scoperto che il mercato del pesce più grande del nord Italia si trova a Milano. Molto più grosso di Genova e rifornito e con pesce fresco, a Milano. Milano è l’hub del pesce. Me l’ha detto mia mamma, che cazzo ne saprà mia mamma però lo sapeva, che quando mi veniva a trovare a Milano comprava sempre il pesce. Vicino a casa c’era il mercato comunale del pesce, io personalmente non ci ho mai messo piede in quel mercato, li odio i mercati c'è troppa gente. Però, lei ogni volta che mi veniva a trovare a Milano mi comprava la sogliola.

La sogliola è il mio pesce preferito, quella che mi fa mia madre, impanata. In effetti, mia madre, anche se cucina la pasta al sugo con lo zucchero – non ho mai capito perché, ma i sughi di pomodoro di mia madre sanno di zucchero, probabilmente ci mette lo zucchero dentro e comunque sono sconditissimi, cioè non sono marci, non ci sono sapori, ha sempre cucinato quasi insipido mia madre – è una maestra dell’impanatura. Non solo per la sogliola, anche per la milanese. Mia mamma, non so perché, fa la milanese più buona d’Italia. La sua impanatura è davvero da deca e lode. Mia mamma è svedese.

Michele ieri sera è arrivato con Francesca e il bambino, Alessandro, sette mesi. Troppo carino Alessandro, sdentato, rideva sempre. I suoi genitori lo trattano come un piccolo reuccio, se lo spupazzano (non avevo mai usato questo verbo in vita mia). Era divertente quando lo guardavo da lontano, sto bambino. Ogni volta che gli facevo le linguacce e le peggio facce rideva come un cretino. Poi non piangeva mai. Grande sto bambino, stava sempre zitto a parte alla fine che era stanco poveraccio e se lo sono portato a dormire.

Poi, un momento favoloso era quando Michele gli dava il latte nel biberon. Faceva queste curve lunghissime con il gomito, prima di dargli la tettarella (ieri sera ho scoperto che ci sono diversi modelli di tettarella, ce n’è una che rilascia meno latte e il rilascio del latte dipende anche dall’inclinazione del biberon, se lo metti quasi orizzontale allora la tettarella rilascia di meno) delle curve che sembravano shikanes così aumentava l’aspettativa di tettarella di Alessandro. Poi, quando la tettarella del biberon stava per arrivargli nelle gengive, Michele faceva anche il sonoro: “ciuf, ciuf, ciuf….” Come se fosse un treno che entra nel tunnel. Era molto divertente vedere il bambino che ciucciava e ascoltare i discorsi dei genitori che si preoccupavano che il bambino avesse ancora fame. Belin, con tutto il latte che si è ingurgitato fame non ce l'ha, non ti preoccupare.

Oggi il tempo è brutto. Ci sono brutte previsioni per il weekend, meno male che non andiamo a Capalbio. Viene mio fratello domani, non lo vedo da ottobre, al mio matrimonio. Sono contento che venga, lo vado a prendere a Tiburtina domani, speriamo che non si porti il solito valigione che secondo me quando va in giro pensa sempre di andare chissà dove e si porta queste Samsonite full size che poi sul motorino non so dove mettermela. L’ho chiamato due settimane fa Lollo, mio fratello. Era domenica, mi stavo mangiando un trancio di pizza vicino a Campo dei Fiori. Avevo appena letto un articolo su Repubblica, nelle pagine dell’inserto domenicale di cultura, sulla storia del salto in alto femminile. C’era la foto della Kostadinova, la saltatrice bulgara che era il suo idolo, di Lollo, dico. Da piccoli, avremo avuto sei e otto anni, facevamo finta lui di essere la Kostadinova e io la Bikova, la sua rivale russa. Montavamo dei fili tesi sopra il letto, che fungevano da asticella del salto in alto, vicino al letto che fungeva da materassone del salto in alto. E facevamo le gare di salto in alto.

Se va bene saltavamo sessanta centimetri, però fingevamo di essere a due metri e più, le misaure del salto in alto femminile. La messa in scena era favolosa: Lollo si metteva tutto concentrato in fondo alla stanza e simulava i movimenti della Kostadinova, prima della rincorsa. Portava avanti e indietro le braccia, facendole oscillare, tese, poi faceva il doppio saltello e partiva per la rincorsa e il salto Fosbury. Se passava lo spago che fungeva da asticella, faceva delle scene di contentezza come se avesse superato il record del mondo. A volte nella foga del salto si prendeva delle zuccate nel muro, ma non si lamentava. Sono i rischi del salto in alto in camera.

Oggi ho fatto un’intervista ad un climatologo per un freelance. Aveva l’accento fortemente pisano. Devo fare questo articolo sul clima fai da te, pare che ci sono un sacco di sperimentazioni in giro per procurare precipitazioni piovose artificialmente, sparando delle sostanze chimiche nelle nuvole così piove. Il climatologo era molto scettico sulla reale portata di questi metodi, molto diffusi negli Usa e a Pechino, dove l’inquinamento è talmente elevato che l’aria è densa di polveri nere.

Quando l’ho scritto il mio articolo, dove la mia firma non comparirà in fase di pubblicazione (sono finalmente a tutti gli effetti e senza peli sulla lingua un ghost writer per conto di una mia collega che mi ha chiesto fammi il favore, Paolo, io non riesco, fammelo tu sto articolo ma poi lo firmo io, ti va bene? Le ho detto, sì che mi va bene, il clima è un argomento che mi interessa molto e poi mi paga) lo pubblico nel blog. Penso che mi verrà fuori un bell’articolo. Il clima mi interessa come argomento. Sarà perché mi ricorda le tempeste di sabbia che mi si scatenano dentro di me a volte e ogni metodo per limitare o intervenire artificialmente su questi fenomeni sarebbe manna dal cielo marcio di Roma, che ora è tutto grigio e fa pure freddo. Che quando sento sta gente che dice bella Roma gli direi vero, una settimana è bella te e le tue scarpe da passeggio; però guarda che non è mica una cartolina è una città, non è come te la immagini nella tua testolina di cazzo, che per te è soltanto un posto per venire a fare un po' di turismo e non è vero che fa caldo a Roma, è una palla colossale, a Roma fa un freddo porco anche oggi che è il primo di giugno che prima ho incrociato Muriel con l'impermeabiel Muriel. Io la felpa.

Sono un ghost writer e uno sparring partner insieme. Tutte queste sigle in inglese, cavolo, vuol dire che in italiano sono figure che non hanno un loro nome proprio. Ghost writer mi piace, mi sembra che mi rappresenti anche abbastanza bene. Uno che fa il lavoro, ma non compare. Per ora. Intanto io writer lo sono, speriamo che prima o poi si sappia in giro, nel frattempo faccio il ghost che i soldi mi servono, se no come faccio a scrivere, che scrivere a panza vuota non si può mica.

Stamattina a via Opita Oppio Pirandello mi diceva che alla fine lo sparring partner non è mica una figura da disdegnare. E’ uno che si allena e si prende sempre a botte con i campioni. Con i titolari. Sarà anche una figura subalterna, però lui sul ring ci sale e a furia di prendesi pugni in faccia per far allenare i pugili veri impara tutti i suoi segreti, anche i punti deboli.

Che poi magari quando qualcuno si accorgerà di lui e lo farà combattere direttamente, da titolare, sul ring, in un incontro ufficiale, non lascerà più relegato al ruolo di sparring partner lui sarà pronto che dietro le quinte, fuori dai riflettori, anche lui sale sempre sul ring con i campioni e gli ruba il mestiere e i segreti.

Pirandello è sempre molto gentile, lo credo lo pago. Però almeno mi fa da manager, che ce n’ho bisogno di un manager, un manager della mia vita, così la smetto di fare troppe cazzate. Dice che la cosa importante è accorgersi quando arriva il treno giusto e saltarci sopra. Speriamo che passi sto treno, prima o poi, che a me mi viene la sensazione che vedo passare i treni e non si fermano mai alla stazione. Comunque, per ora sparring partner e comunque diciamocela tutta: tra fare il panchinaro o addirittura finire in tribuna in una squadra forte, preferisco essere titolare di una squadra scarsa. A me mi piace giocare, poi se le cose andranno bene magari finisco in una squadra migliore. Ma il panchinaro lo lascio fare a qualcun altro figurati se ho voghlia di finire in tribuna mentre c'è qualcun altro e lo vedo giocare lì sotto, dall'alto, seduto in tribuna. Ma vaffanculo.

Stamattina quando mi sono alzato in cucina c’erano le stoviglie lavate sul tavolo. Erano asciutte. Mi sono messo come sempre accucciato sulla sedia di cucina, acquattato. Stavo fumando, guardavo le stoviglie asciutte, messe lì ad asciugare dalla sera prima. C’era la pentola della pasta, rovesciata, ho iniziato a specchiarmici dentro. Era stranissimo, mi sembrava di essere l’uomo di gomma dei Fantastici Quattro. Se mi spostavo vedevo la faccia e soprattutto le dita delle mani che si allungavano e si espandevano e perdevano le loro fattezze reali per trasformarsi di qualcosa di diverso, riflesso nell’acciaio inox della pentola.

3 Comments:

At 4:16 PM, Anonymous Anonimo said...

belin, paolo, è la prima volta che mi nomini nel tuo blog... si vede che il CIBO (tutto maiuscolo) è l'elemento che mi caratterizza e mi rende meritevole di citazione tra le dotte (!!!) elucubrazioni del tuo diario on line.
la Pina

 
At 4:42 PM, Blogger talentaccio said...

belin, pinaz, ma se ieri sera quando sono entrato in casa mi hai spalmato tre chili di lio di cernia nei capelli, poi non sei contenta che si parla delle tue grandi virtù (culi)narie????

 
At 5:11 PM, Anonymous Anonimo said...

bekin, paolo, mi fa impressione usare i post del tuo blog come una specie di e-mail... e comunque, mentre ci sono, volevo dirti che fra un po' provo a prenotare memorie dal sottosuolo al teatro india (magari ci portiamo anche tuo fratello)
Mi piace questa posta elettronica alternativa!! ;-)

 

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