talentaccio

mi è tornata voglia di scrivere

16 aprile 2006

Weekend a Genova


Tornare a Genova è come infilarsi un vecchio vestito. Un vestito comodo, magari non all’ultima moda, però non stringe. Genova è come un maglione di quelli che li lasci nel cassetto, ma che poi se fa freddo ti metti quello perché sai che ti scalda. Era da luglio che non tornavo a Genova, in questo periodo di cose me ne sono capitate tante. Cose grosse.

Quando mi stavo avvicinando a Genova, in treno, facevo il vago. Mi sono immerso nella lettura de “La vita Agra” di Bianciardi, così le quasi sei ore di viaggio mi sono passate. Il libro mi è piaciuto, è bello secco, non lascia molto spazio ai compromessi. Dice le cose come stanno. Sul treno c’erano i soliti stronzi, questa volta erano napoletani ma non è una questione geografica. Sono quelli che si mettono in piedi nel corridoio e per tutto il viaggio parlano a raffica, anzi urlano, senza pensare che delle loro cose non gliene frega niente a nessuno. Di solito questi biechi personaggi, muniti di panini, arance, bottiglie di vino, ci manca soltanto la pasta al forno, invadono con le loro chiacchiere il silenzio del viaggio. Sono da multare per disturbo alla quiete pubblica, perché per me il treno è una questione personale e bisognerebbe stare zitti, leggere oppure guardare il paesaggio dal finestrino al massimo alzarsi per pisciare.

Facevo il vago leggendo, però quando siamo arrivati sulla litoranea per Genova non ce l’ho più fatta e mi sono messo a guardare il mare. C’era un sole che spaccava le pietre, il mare era un po’ mosso, il cielo tesissimo anche se grosse macchie di mare marcio mi ricordavano che è sempre lo stesso mare sporco di sempre.

Mio padre quando l’ho visto ci siamo baciati, non ci baciamo mai, si vede che aveva il culo sporco, non è nemmeno venuto giù in Sicilia per il matrimonio. Ma si vede che è contento di vedermi, così c’è qualcuno che ascolta le sue cose, una volta ogni tanto. Apro il frigo, non c’è manco una birra. Allora esco, vado al Super Sconto, che non si chiama più così da anni, ma per me resterà sempre il Super Sconto, prendo tre Moretti e vado alle casse. C’è un po’ di coda. Soltanto vecchi, perché Genova è fatta di vecchi, ma vecchi veri, dai settanta in su. Sono lentissimi a pagare, contano i centesimi e ci vogliono venti minuti pieni per pagare tre Moretti. La solita Genova, la cassiera voleva le monetine contate, avevo soltanto dieci euro ma non gliele avrei date lo stesso le monetine, anche se ce le avessi avute, perché anche se è giovane, la cassiera, è più lenta dei vecchi che deve servire.

Con mio padre parliamo bene, è tutto mieloso e lecca culo, si vede che è contento di vedermi e me lo dice anche. Non è mai venuto a trovarmi una volta da quando sto a Roma. E’ fatto così, uno stronzo vero, certificato. Però resta sempre mio padre, grasso come un maiale, con quei capelli bianchi pettinati con la riga, sempre Forlani, Arnaldo Forlani, ma soltanto nei capelli. Una volta ce li aveva tendenti al blu, i capelli bianchi, adesso sono soltanto bianchi e basta. E’ vecchio anche lui. Se penso che il Berlusca ha due anni più di mio padre, belin il Berlusca mi sembra Alain Delon da giovane in confronto a mio padre. Però penso anche che se mio padre si mettesse il fard come il Berlusca sto cazzo che lo bacerei quando entro in casa, mi farebbe troppo schifo avere un padre con il fard, a sessantotto anni meglio un vecchio che non fa finta di essere giovane piuttosto che un vecchio che finge di essere suo figlio.

In questi giorni ho visto Gippi, il mio amico Gippi. L’altra sera è venuto a prendermi con la moto. Mi sono messo questo casco integrale, una morsa, strettissimo, e siamo andati a bere in un locale alla moda. Ci siamo messi fuori, si stava bene come temperatura, sotto all’impalcatura davanti alla facciata a berci una birra dopo l’altra. C’erano persone che non vedevo da tempo, ciao ciao, come va, cosa fai, dove sei. Le solite cose. Però erano tutti un po’ più vecchi, d’altra parte anche io ormai c’ho i capelli grigi non soltanto nell’isola davanti, ma un po’ dappertutto. Belin, ci siamo bevuti l’impossibile con Gippi, che secondo me nella pancia del mio amico Gippi c’è una piscina olimpionica dove si deposita tutto l’alcol che si mette in corpo. Dopo qualche pinta, Gippi mi ha raccontato chi è il suo nuovo mito delle folle, il suo nuovo idolo. E’ Gorge best, un calciatore anni ’60, centravanti del Manchester United dai diciotto ai ventidue anni, un puro talento del calcio, un genio dice Gippi. Lì, al bancone dei Mattoni Rossi, Gippi mi dice che Gorge Best è il suo idolo dopo che ha letto la sua recente autobiografia, è morto da poco di alcolismo, Geroge bet, l’autobiografia se l’è comprata in una libreria di Johannesburg, a Piazza mela, in una città satellite di Johannesburg, perché i bianchi in centro non ci possono andare. In realtà, Gippi non legge mai libri, un po’ ne va anche fiero di questa cosa che non legge. Però, mi ha raccontato Gippi che quel libro l’ha comprato perché stava puntando una figa in libreria e per darsi un tono è uscito con un libro in mano. La tipa, non l’ha cagato nemmeno di striscio, però adesso George Best è il suo idolo, perché è un poveraccio dell’Irlanda del Nord, prelevato a 15 anni dai talent scout del Manchester United, capocannoniere della Coppa Campioni a 19 anni e a 25 anni già finito come giocatore perché era già alcolizzato. Non ha retto al successo, diceva Gippi, come dargli torto, tutta quella pressione, non ha retto. Geroge Best è l’idolo di Gippi per ché è morto alcolizzato però è stato anche un grande calciatore.


Nella mia di pancia c’è un secchiello, di quelli che usi al mare, con la paletta, dopo un po’ inizio ad andare al bagno, quando bevo devo andarci tante volte, sono sempre in coda e ascolto le cazzate della gente. La coda del bagno è sempre un osservatorio privilegiato. C’era una che si è truccata per venti minuti davanti allo specchio. Mascara su mascara, si guardava di fronte, di profilo, di tre quarti, le ho detto stai bene, tranquilla, lei non ha risposto, poi le ho chiesto, mi fai un po’ di posto,. Mi lavo le mani, non si smuoveva, allora l’ho spinta un po’ di lato, lei infastidita. Guarda bella che lo specchio non è tuo, poi entrava e usciva dal bagno.

C’era una mi ex, ci siamo salutati, lei era venuta a vivere con me qualche mese a Milano. Mi ha raccontato una cosa che mi ero assolutamente dimenticato. Una volta, a Milano, lei si era appena rotta un piede, lei mi ha detto che io le ho lasciato un biglietto sul tavolo di cucina con disegnato sopra un pac man, era un giovedì, e le avevo scritto “ciao, vado a Genova, torno lunedì, il frigo è vuoto, ho mangiato tutto”. Ecco perché avevo disegnato il pac man, non capivo.

La mia ex diceva che questo bigliettino lo aveva raccontato a tutte le sue amiche e che ancora oggi, a distanza di anni, ne parlano. Per fortuna oggi ne ridono, non mi ricordo come l’aveva presa quella volta. Ma orami è acqua tirata nello sciacquone del cesso. Però è stato divertente parlare con la Ale, lei c’era quando lavoravo alla Mit, l’azienda di trasporti che per arrivarci a Milano prendevo la Vespa, era ottobre, e quando pioveva mi prendevo tanta di quell’acqua che arrivavo al lavoro e mettevo i pantaloni sul termosifone e me ne portavo un paio di ricambio. Una volta c’era un’allegra di scarafaggi che passeggiava sul monitor del pc al Mit a San Donato, non mi stupisce che dopo qualche tempo ho mandato sonoramente a fare in culo il capetto del posto, uno che si presentava al lavoro con la cravatta e gli stivali da cow boy. La mia ex diceva che ero un po’ nervoso in quel periodo, poi ti domandi perché, con gli scarafaggi sul monitor del pc l’atarassia mi sembra un obiettivo un po’ troppo lontano. La mia ex mi dice che adesso quello con cui sta, che sono contento che si è messa con uno subito dopo di me e ci sta ancora insieme, ogni volta che passa davanti alla Mit e la vede dalla tangenziale pensa a me. Non mi ha mai visto, però c’è della solidarietà nel suo sguardo verso il nome della Mit, solidarietà nei miei confronti. La mia ex secondo me l’ho traumatizzata perché dopo che se n’è andata non ci siamo mai più sentiti, era contenta di parlare con e l’altra sera, dopo anni ci siamo parlati e bene. A volte ci vogliono anni per riuscire a chiarirsi, la mia ex l’ho traumatizzata. Ma se sta con il suo uomo adesso e ci sta da così tanto tempo un po’ è anche merito mio, indirettamente, dopo che è stata con me si è rodata. Ero un po’ flashato quando parlando dei suoi uomini ha detto che io sono stato uno dei suoi tre uomini importanti della vita, la cosa mi ha flashato perché per me non so perché ma io lei l’ho rimossa completamente. Si vede che era un periodaccio, con gli scarafaggi sul monitor del pc, ci è andata di mezzo pure lei che per un sacco di tempo ci vedevamo soltanto nei weekend, lei stava a Roma e mi prendevo quel bell’Eurostar e mi sembrava di andare in vacanza, ma un conto è il weekend un altro la vita vera insieme, fra quattro mura e il frigo vuoto. E’ durata quattro mesi poi è scappata.

Oggi con mio padre siamo andati a mangiare l’agnello giù da mia zia. Buono. Mio padre si è messo dei pantaloni, di solito è in tuta o in mutande, è grasso come un maiale, e nei pantaloni dietro mancava un passante e la cintura era tesa direttamente sulla camicia. Era da una vita che non lo vedevo con la camicia, di solito è in canottiera. L’altra sera stava mangiando della polenta col formaggio direttamente dalla pirofila di vetro. Ce n’era una quantità spropositata, gli ho chiesto, ma non è un po’ troppa, non riusciva a finirla, ma di solito finisce sempre tutto per non buttare via niente. Però, si vedeva che era troppa la polenta. Allora gli ho detto di buttarla nel water, io faccio sempre così quando c’è qualcosa da buttare, la butto nella tazza, così non mi resta a marcire nella rumenta. Non ha voluto buttarla nel water, aveva paura che rimanesse a galla forse, non c’è stato verso, allora l’ha buttata nella rumenta.

L’altra mattina sono andato in banca, dovevo depositare un assegno, ho fatto una coda di mezzora alla Carige, c’era un vecchio talmente vecchio che per firmare il suo nome su un documento ci ha messo dieci minuti. Tutti a chiedere informazioni sulla pensione. Età media 82 anni e mezzo. Poi, il vecchio allo sportello sembrava che avesse finito e ha fatto per girarsi ma era una finta.

Ieri sera Gippi mi è venuto a prendere con la sua Bmw, non la moto la macchina stavolta. C’ha una Bmw nuova lunga tre chilometri. Quando sono sceso, stava guardando la televisione, è incorporata nella macchina. Secondo me, dietro nel portabagagli c’è anche un bagno, nella Bmw di Gippi. Secondo me Gippi dovrebbe fare il testimonial della Bmw. Siamo andati ai Sillo, c’era vento e pioveva però ci siamo fatti un bell’aperitivo, un sillone ci sta tutto anche sotto la pioggia. Scendendo agli scogli si scivolava e parlavamo di figa, non so se fosse più scivoloso il muschio sotto le suole delle Puma o l’argomento donne. Io le donne non ci acchiappo mica tanto, mi sembra che per lo più sono delle bucce di banana, mas magari è colpa mia, ma non credo, sono proprio delle bucce di banana anzi le donne sono come un pavimento che hanno appena passato la cera per terra o una distesa di ghiaccio in discesa, che porta verso uno strapiombo. Pericolo mortale sono le donne, soprattutto quelle fiche e beneducate e con le tette grosse e tutte lisciate e carine, che poi dentro c’è sempre la sorpresina, un bell’uovo marcio dentro c’hanno ste donne.

Poi, siamo andati nell’entroterra, ad Avegno, sui monti dietro a Recco. Gippi ha spento la tele nella sua Bmw e ha messo il satellitare, parlava con voce di donna – sono dappertutto ste donne – dopo un po’ siamo arrivati a questo ristorante con i nani finti davanti, cementati ai fianchi dell’ingresso. C’era anche Gian e Chef e la mia ex e sua sorella. Abbiamo mangiato tutti come cessi. Gian raccontava la sua esperienza a Barcellona per l’addio al celibato di un amico. E’ andato a visitare il Nou Camp. Aveva le foto nel cellulare, niente Sagrada famiglia, ma il suo primo piano abbracciato ad un cartonato di Ronaldinho e la foto delle scarpe di Ronald Koeman, quelle con cui segnò il gol della vittoria del Barcellona contro la Sampdoria in finale di Champions nel ’92.

Siamo andati in una balera vicino ad Avegno, ero pieno di alcol come un uomo sodo. Poi, siamo andati a Nervi, in un locale. Erano più o meno le due di notte, ero embriego fracico e uno mi chiede una Fortuna. Gliela do. Eravamo fuori sulla passeggiata, il tipo che mi chiede la sigaretta è lacero di alcol e forse anche di altro. Comunque, c’ha qualcosa di marcio nello sguardo, qualcosa di sospetto. Si accende la sigaretta, mentre parlo con Gippi sento un tonfo. Non l’ho visto cadere di sotto, sugli scogli di sotto. Ma ho sentito il tonfo. Il tipo lacero ha fatto due tiri della mia Fortuna, poi si è lasciato cadere oltre la ringhiera sulla passeggiata di Nervi. L’ha fatto apposta, dicono quelli che hanno visto. Mi sporgo dalla ringhiera e vedo la gente che lo mette seduto, sembra vivo, però il coccige almeno quello ce l’ha lasciato lì, sugli scogli.

3 Comments:

At 11:59 PM, Anonymous Anonimo said...

ma dovevi vedere QUANTO era patata la tipa che mi ha spinto all'acquisto di Bestie, valeva anche più copie.....

 
At 11:10 AM, Anonymous Anonimo said...

Hai fatto bene a ripubblicarlo.
Venerdi scorso mi sono dimenticata di leggerlo poi l'ho cercato lunedi e non lo trovavo per cui ho pensato che l'avessi di nuovo depubblicato e questo mi ha fatto sentire in colpa.

AL

 
At 10:27 PM, Anonymous Anonimo said...

bè un week end in compagnia dei vecchi ex e fottutissimi amici lo vivrei volentieri e con gioia.Bravo Paolo descrivi situazioni che fanno apparire nella mia memoria,immagini appartenenti anche a molti anni fa ma che mi emozionano come fossero fresche.E mi viene da ridere...
E per tutti i "ragazzi" che leggeranno queste righe ,un sentito abbraccio .qui sto come un deo...vi sembrerà strano ma è
così...a presto.

 

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