talentaccio

mi è tornata voglia di scrivere

03 aprile 2006

Il mondo visto da una scarpa


Il talebano sale sulla metro alla fermata Arco di Travertino. E’ un talebano originale, col turbante bianco sembra un sich, ma è un talebano. Ha la pelle olivastra, il turbante gli arriva all’altezza del culo. E’ tutto arrotolato, sembra una coda di cavallo, poi indossa una tunica di un bell’azzurro scuro, tendente al blu. Il talebano porta le Adidas, sono blu scuro con le tre strisce bianche, abbastanza nuove, un po’ impolverate e indossa un paio di calzini da querela, cortissimi, gli coprono a malapena il malleolo, di spugna, con due bande rosse. Il talebano è un talebano sportivo.

In realtà, che il talebano porta le Adidas è la prima cosa che vedo, perché da tre giorni cammino guardando le scarpe della gente, sto raccogliendo materiale per scrivere un racconto, il titolo è “Il mondo visto da una scarpa” ed è questo qua che sto scrivendo.

Il talebano si piazza con le sue Adidas ai piedi davanti all’uscita e guarda fuori dal finestrino, guarda il muro del tunnel mentre la metro va sottoterra. Sono seduto e lo guardo di spalle, è in piedi nella piattaforma di una di queste nuove carrozze della metro, con la tivù.

“Re di Roma, apertura porta destra”, dice la voce metallica, è maschile questa volta, altre volte è femminile. Sale un uomo nero, nero proprio, ha i jeans larghi, la giacca di jeans e sotto una camicia larga verde e bianca. Porta le Adidas, sono bianche con le strisce nere. Sono di un modello molto diverso da quelle del talebano, assomigliano di più per capirci alle Stan Smith, anche se non sono Stan Smith. I lacci sono spessi e slacciati.

In realtà che l’uomo nero porta le Adidas è la prima cosa che vedo, perché da tre giorni cammino guardando le scarpe della gente, sto raccogliendo materiale per scrivere un racconto, il titolo è “Il mondo visto da una scarpa” ed è questo qua che sto scrivendo.

L’uomo nero, che al lobo sinistro sfoggia un maestoso orecchino d’oro che riluce come una palla da discoteca sulla sua pelle scurissima, si piazza dall’altra parte della porta della metro, di fianco al talebano, soltanto che l’uomo nero guarda verso l’interno della carrozza. Il talebano invece continua a fissare il muro del tunnel che gli passa davanti agli occhi sottoterra. L’uomo nero porta a tracolla uno zainetto dell’Invicta. Probabilmente vive in Italia e non è un vucumprà.

Fisso il pavimento della metro a caccia di scarpe, ma non riesco a disotgleire lo sguardo dalle Adidas del talebano, che sopra la tunica azzurra indossa un leggero gilet marroncino. Il talebano sotto la tunica indossa una tuta da ginnastica, i pantaloni di una tuta da ginnastica, sono larghi, lasciano scoperto il polpaccio, glabro, e mettono in bella vista queste calzette blu cortissime con doppia banda rossa e le Adidas.

Alla fermata successiva sale una signora di almeno sessant’anni, dalla mole imponente, sembra la mole Antonelliana – ha un culo mastodontico e indossa una maglietta aderente a maniche corte, zaino in spalla e borraccia, sì hai capito bene, borraccia alla bocca che beve che sembra un San Bernardo – che secondo me è tedesca o austriaca ed è una turista oppure una pellegrina, sfatta da una giornata di tour de force fra i monumenti e le ascelle dei romani. Porta le Adidas.

Alzo lo sguardo e controllo le facce dei miei vicini di metro, siamo quasi a San Giovanni, mi domando se qualcuno di loro non sia un emissario della Adidas che sta filmando il nuovo spot dell’Adisas. Perché su quella piattaforma della metro uno direzione Battistini c’è concentrato tutto quello che c’è da concentrare in fatto di razze, a parte qualche americano e ungherese e belga di lingua fiamminga, e tutti portano le Adidas.

Non vedo nessun volto da cameraman, nessun volto sospetto, mi tranquillizzo, poi penso che in effetti se fanno lo spot dell’Adidas in quel momento non è un’idea furbissima, che io sono salito in metro a Porta Furba e vado a Piazza Vittorio. Non è un’idea furbissima perché io indosso le Puma, gialle e grigie, e come me molti altri, soprattutto ragazze, indossano delle Puma, che sono fra i maggiori competitor dell’Adidas. Mi tranquillizzo, non c’è nessuno spot a tradimento tipo candid camera in corso delll'Adidas.

Intanto, la donna dalla Mole Antonelliana - belin, ma quanti wuerstel si è calata per avere un culo così giganteco? - si appoggia ai tre sostegni centrali della piattaforma e fronteggia da un lato l’uomo nero (finte Stan Smith) dall’altro il talebano ("calzettini" - come dice mia madre, la Guldina - da querela). Il talebano che con quelle calzette e il polpaccio a vista sotto la tunica mi sembra davvero l’anti sesso, ma forse le talebane – ma esistono? Mi sa di no, però anche i talebani scopano – non hanno mai visto quello spot del whisky che c’è il tipo che sta per trombarsi una sorseggiando il suo bicchiere di whisky ma alla fine lei non gliela dà perché a lui gli si vedono i calzettini corti, bianchi, sotto a un bel paio di jeans mentre accavalla le gambe.

Pensa te che sfiga, stai per farti una però a lei gli scende tutto quando ti vede con i calzettini corti. Poveraccio, te l'eri pure giocata bene. E dire che bevevi l’whisky giusto e fino a quel momento non avevi detto cazzate, tanto che lei era lì lì per smollartela in saldo con tutto ciò che ne consegue ma poi ti è salito il pantalone (singolare).

Tornando alla metro, alzo lo sguardo e vedo una panoramica di scarpe da panico, una distesa di scarpe, perché nelle nuove carrozze della metro, lunghissime, non ci sono più interruzioni, praticamente potresti camminare avanti e indietro nella metro per ottocento metri – la lunghezza del serpentone del treno – senza trovare una porta.

Vedo scarpe nere, scarpe da ginnastica, scarpe comode e scarpe da lavoro. Le scarpe che mi fanno più schifo nella vita, sono quelle da lavoro, cioè quelle serie di cuoio, con le cuciture in risalto. Di solito, chi le indossa barcolla oppure c’ha la camminata scivertata, sai quelle camminate che tira il piede molleggiato in avanti, come nel gesto di volerle lanciare via, le scarpe. Ma gli restano, di solito le scarpe con le cuciture hanno i lacci e non vanno via facilmente.

Ok, adesso inizio il mio racconto, si intitola “Il mondo visto da una scarpa”. In questi giorno, sta arrivando l’estate, mi sono reso conto che molte donne sono sceme. Ne avevo già avuto qualche sentore, però molte donne me lo confermano in questi giorni, che fa un caldo primaverile nella capitale, infilandosi proprio in questi giorni degli stivaloni caldissimi.

Belin, c’è un sole che spacca le pietre del Colosseo, fa caldo che si suda, e tu cosa fai alla mattina? Ti infili stivaloni di pelle invernali, con tanto di collant e panta collant? Allora sei rinco, scusa, stivaloni da saloon, tipo durango, con sto caldo. Belin, ma allora te le meriti le caldane che ti verrano nelle gambe in sti giorni, scusa. Donna che non guardi le previsioni del tempo e che chissà perché ti infili stivaloni invernali, magari minigonnata, con collant ultra caldo, in questi giorni che finalmente è partorita la primavera. Belin, tirala fuori la gamba invece di inguainartela adesso che ci sono 28° all'ombra, belin.

Vabbè, ste donne qua sono come quelli che si mettono le scarpe senza calze a dicembre, con un freddo della madonna, e ti assicuro che se ci fai caso ce ne sono molti. Si vede che di gente strana in giro ce n’è a pacchi, le donne poi le persone le battono tutte, sia di sesso maschile sia di sesso femminile, ste donne con gli stivaloni. Invece, altre scarpe che vedo a pacchi in giro in questo periodo sono le ballerine, o comunque scarpe basse, con belle calze multicolor a righe orizzontali. Ottime, brava.

Ieri sera, mi stavo bevendo una birra a Monti, ho visto una donna che i suoi piedi secondo me a casa li poteva mettere a fare lo stufato di patate. Senti qua. Indossava gonna sopra il ginocchio senza calze – però faceva un freddo bucefalo, dopo il tramonto non fa mica ancora così caldo, oh donna donna – e i piedi le stavano esplodendo dentro a questi sandali con tacco alto.

Erano rossissimi, i piedi, sembravano come quando mia zia fa la cima, una specie di mega-involtino ripieno di carne trita, piselli, uova sode, che alla fine lega tutto con dello spago. Quei pedi secondo me non ci stavano più dentro da mò i quei sandali. Però, lei ostentava indifferenza, faceva la vaga, soffriva in silenzio, si era fatta uscire il sangue dal labbor e dalla lingua per non urlare di dolore, c'aveva vesciche purulente nei talloni ecc. Stava soffrendo le pene dell’inferno e contava letteralmente i passi per arrivare a casa a farsi un pediluvio, ma soffriva in silenzio.

Poi, sempre lì a Monti, ho visto una che tornava da sciare. Non c’entra niente, però lo dico lo stesso, la vedo sempre la domenica, lei che torna da sicare, con i carving in spalla, abbronzata, che torna a casa dopo una sciata. Brava e anche bona, poi porta le Adidas anche lei. Ma c’è per caso una spectre dell’Adidas, in giro?

Eppure un po’ di tempo fa, raccogliendo materiale per il mio racconto “Il mondo visto da una scarpa” (questo che sto scrivendo) ho letto che la Nike è incarognita nera con la Adidas che gli ha copiato un brevetto delle suole molleggiate. Ma si può rompersi le palle a vicenda fra Nike e Adidas e spendere miliardi di dollari in spionaggio industriale per ste cose qua? Ma ce l'ahho il canale all news della Cnn alla Nike oppure si sono fatti installare soltanto il pacchetto della Disney?

Secondo me la killer application nel settore delle sneakers (le scarpe da ginnastica) è la scarpa che non puzza. E’ questo l’aspetto più importante di tutto il mercato, senti a me, pubblicitario sfigato della Nike che fai causa alle Adidas perché ti copiano il design delle suole. Fatti furbo. Pensa alla puzza.

Perché la puzza, secondo me, è molto più grave del calzino corto. Parlo a voi maschietti, mi raccomando, lavarsi i piedi, ma soprattutto controllate lo status quo e il modus vivendi delle vostre scarpe quando ve le togliete, perché questa è la prima impressione che darete di voi mentre vi state spogliando, magari per la prima volta a casa di lei.

Questo mi fa pensare a quella volta che portavo i miei sandali ultra fighi della Timberland, vado a casa di una, è la prima volta, e non so cosa fare: so che se me li tolgo infesterò la stanza, un monolocale. Lei va al bagno, io corro al lavandino in cucina, mi tolgo i sandali, mi lavo i piedi in un nano-secondo imbalsamato con il Sole Piatti (lo adoro, molto meglio dello Svelto, poi non screpola le mani, in più sa un po’ di sapone di Marsiglia), getto i sandali nel lavello - fortunatamente vuoto) creo un bagnomaria in real time e voilà: nel tempo che lei si fa la toilette Ibidet, ceretta, si infila il diaframma, studia il pentagramma ecc. che comunque io sapevo che il diaframma stava più o meno vicino alla pancia, sbaglio? - evito di essere catalogato come quello che gli puzzano i piedi. Che non è mai un buon biglietto da visita, fidati, quasi peggio che se ti puzza l’alito, se la giocano.

Altre scarpe. Le Camper, ma a me piaceva il modello quello con la suola che sembrava spugnosa, quadrate davanti, non mi piacciono troppo quelle che fanno adesso, che sembrano un po’ scarpe da calciatore anni ’30. Questa moda di riproporre modelli antichi in veste nuova e sbarazzina, camuffando il modello delle scarpe da calcio anni ’30 per scarpe da tempo libero, mi ha sempre dato fastidio. Mi sembra una presa per il culo. Peccato che la gente ci cade sempre, come quando lanciano la nuova Vespa che sembra un modello di Lambretta degli anni ’50, però poi c’ha lo starter elettrico e nemmeno la pedivella ci mettono, sti deisgner che secondo me gli puzzano anche i piedi, gli puzzano i piedi in inglese ma gli puzzano lo stesso. Perché la puzza di pedi è come l'esperanto, lingua universale è, direbbe Montalbano.

Altre scarpe. Le Stan Smith. Sono Adidas, hanno un validissimo perché, poi al ginnasio erano le scarpe più fiche da mettersi, soprattutto le ragazze con la gonnellina corta, le calzettine (che a loro gli stavano bene, mica non come al talebano). L’unica cosa, le Stan Smith, ti rimanevano sempre i sassolini in mezzo alla suola, per non palrare del vero dramma delle suole: calpestare una merda per strada con addosso le Timberland.

Che le Timberland saranno anche delle belle scarpe, però secondo me il signor Vibram doveva pensarci, a questo piccolo particolare, che il carrarmato in città è un’arma a doppio taglio. A chi non è mai capitato di pestare una bella merda, magari senza accorgersene, e di trasportarla in casa, sul tappetto, sulla moquette di qualche amico o cose imbarazzanti di questo tipo. Hai voglia a dire “porta fortuna”, signor Vibram, signor Vibram, già il nome è un po’ come dire ambiguo, però di sicuro non starai simpatico a molte persone che si sono davvero smerdate per colpa tua. Lo stesso vale per chi ha inventato la suola delle Doctor Martin’s, anche quelle ne raccolgono, per strada, se metti il piede in fallo.

Però, parlando di spiacevoli infortuni scarpistici, non posso dimenticare il calcio che mia madre diede una volta ad una merda in via Trento, sotto casa, carica di due sacchetti stracolmi del Super Sconto, una merda colossale, sembrava una merda di cavallo – ma cosa gli danno da mangiare le vecchie ottuagenarie di via Trento ai loro cani, crusca e muesli? Prugne della Sunsweet, per farli defecare così violentemente fra le mattonelle sconnesse di via Trento? – un calcio, mia madre, che era estate e portava le infradito.

L’ho vista lanciare un sacchetto del Super Sconto contro una macchina parcheggiata e l’ho sentita con queste mie orecchi bestemmiare, si può dire, e secondo me è stata anche perdonata senza nemmeno confessarsi, che non può, è protestante. Poi, ha mollato tutta la spesa sul marciapiede - mi rocordo che ho recuperato i Ciocorì - è entrata dal lattaio che le ha lavato il piede samrronato sotto la pergola, con la canna dell’acqua e un diserbante, se non ricordo male. Mia madre digrignava i denti, già che odia i cani. A parte questi piccoli inconvenienti, a me le infradito piacciono e me le metto sempre, ne ho un paio nere ora come ora, mi piacciono perché fanno respirare il piede.

A proposito, vorrei fare una domanda, così, ma quella marca di scarpe che dice che ti fa respirare il piede dalla suola, ma cos’è, ci prende per rincoglioniti? Ma come fa a respirare la pianta del piede dalle suole, con le bombole d’ossigeno? Al massimo si respira del bitume. Sbaglio io? Perché il signor Tod’s, - è lui, vero, quello che ti fa respirare il piede dalla suola, giusto? - a parte la mia stima politica (è Della Valle, giusto?), mi sembra un po' come il signor Vibram in fatto di scarpe: uno che ci prende per il culo. Eh sì che adesso il piede ti respira dalla suola, dai, belin. Non ci crede nessuno, nemmeno la Debora.

Mi sono alzato un attimo per riempirmi il bicchiere di Moretti, così scrivo meglio, che scrivere con la sete non va bene. Poi, mi sono messo un po’ di crema per le mani, che ce le ho sempre screpolate, si vede che me le lavo troppo spesso, e adesso mi scivolano le dita sui tasti del pc, che stanno diventando sguiscianti, ma magari scrivo meglio, sono uno scrittore sperimentale io. Tra l’altro, sta crema ci mette delle ore ad assorbirsi, mi sembra di avere le dita che sui tasti del pc sono come dei bob nella pista di Torino 2006, belin, sono un minchione alle Olimpiadi della tastiera del pc con la vaselina al garofano fra le dita. Però sono troppo sperimentale, scrittura scivolosa. L’hai capita o sei scemo anche te, come quelle che si mettono le spadrillas per andare a fare una passeggiata in montagna?

Perché ci sono, ti assicuro che ci sono quelle là, che si infilano le spadrillas, vanno a duemila metri, in montagna, poi si devono sedere su un masso e aspettare che gli altri facciano la gita e tornino indietro a raccolgierla, se non se l'è già mangiata uno stambecco a merenda, perché non c’hanno addosso le scarpe adatte.

In compenso, vorrei che qualcuno mi spiegasse perché molta ma molta gente si mette addosso le scarpe da trekking (con due kk, mi piaceva così) in città. Cos’è, un desiderio metropolitano (non esaudito) di andare a farsi un weekend all’Aprica? Queste scarpe da trekking in città, che a Roma vedi ai piedi dei turisti per lo più –che forse pensano di trovare il ghiaccio e dei greggi di pecore in via Nazionale – mi ricordano in tutto e per tutto il mio amico Jaele (lo so che è un nome femminile, ma Jaele è un maschio) che si tiene in casa una bambola gonfiabile, nell’ingresso, così quando arriva a casa la bacia e la saluta e le chiede: “ciao cara, com’è andata oggi?”. Poi le chiede cos’ha cucinato per cena, alla fine quando lo fa in mia presenza e lei non risponde mi dice: “scusala, è timida, quando ci sono degli estranei sta zitta. Puoi andare di là che le parlo un attimo a quattrocchi?”.

Altre scarpe, bhè, come dimenticare le scarpe con il tacco a spillo della professoressa d'italiano delle medie, la donna con le scarpe più erotiche della mia vita, che buttavo sempre qualcosa per terra, a lezione, per guardare sotto la cattedra, che se le toglieva sempre le scarpe a lezione, ci giocava, e fissavo per minuti interi il suo pollicione immancabilmente laccato di rosso tentare di recuperare la scarpa persa, vagante, sotto la cattedra. Non ce la faceva mai alla prima, però era tenace.

Altre scarpe, quelle aperte in genere, le preferisco, soprattutto le Birkenstock, anche se mi dà fastidio il fatto che se le mettano anche i preti e soprattutto i frati. Ma i frati non fanno voto di povertà? Ma lo sai quanto costa un paio d Birkenstock? Facci caso, non ho mai visto un frate con un’imitazione di Birkenstock, sono sempre originali, sti frati loro e la Paulaner sei eruo a bottiglia, belin.

Altre scarpe, quelle di mio papà, che quando se le toglieva avevano la loro puzza inconfondibile, una puzza che si diffondeva in tutta la stanza, volatile, una puzza tutta sua, sempre la stessa indipendentemente dal modello di scarpe e dalla stagione, indipendentemente che si trattasse di Adidas o di Church. Si vede che alla fine erano i piedi di mio papà a fetere e non le scarpe, che gli fetevano anche gli zoccoli di legno del Dottor Scholl's.

Altre scarpe, le Clark, erano le scarpe che mi compravo sempre alle elementari per le cose serie. Tipo andare a scuola. Le Doctor Martin’s, poi un paio di scarpe che non so e non capirò mai perché me le sono comprate. Le tengo ancora a casa nell’armadio porta scarpe. Sono diventate un oggetto di culto, come la tomba di Jim Morrison a Amsterdam (è lì vero?). Sono delle scarpe da rocka-billy, ce le hai presenti, a punta, scamosciate grigie con delle specie di cuciture dappertutto. Rialzate, sembrano un po’ le scarpe di un Little Tony qualunque, suola gommata ma tutta rialzata di un buon cinque centimetri, hanno una fibbia sopra e poi dulcis in fundo mi sono gigantesche. Ma perché me le sono comprate, per copiare chi? Forse un mio compagno di scuola che ce le aveva, ma lui portava il 44 in seconda liceo – ma io c’ho il piedino – e lui lo chiamavamo Shezan perché la punta di queste scarpe da rocka-billy gli saliva in su di brutto.

Altre scarpe, odio i mocassini, non so perché quando ero più giovane mi compravo a volte le Sax, marroncine, poi mi facevano malissimo ai talloni, perché mi sporgono i talloni, e devo sempre mettermi delle scarpe comode. Odio i mocassini, amo i camperos, prima o poi me li compro, ce li aveva sempre mio cugino, con i Wrangler. Quando vedo una con i camperos mi innamoro sempre subito, colpo di fulmine. Anche se è inguardabile, me la liscio tutta dai camperos in giù, mi sembra una squawh.

Poi, altre scarpe, gli stivali neri delle donne, lo so - ma la devo smettere di scrivere lo so, sembro Del Piero che parla con l’uccellino - è tipicamente medio piccolo italiota, e secondo te chi sono io? Un medio piccolo italiota, stasera vedo anche il confronto Prodi – Berlusconi, bein, pensa essere uno dei suoi tacchi rialzati un giorno della tua vita. Che la cosa più bella con una donna è toglierle gli stivali la prima volta, chissà perché di solito alle donne i piedi non gli puzzano così tanto. Boh, chissà perché. Strano, a parte quando si mettono le Superga senza calze o le Asics senza calze d’estate oppure le Doctor Martin’s che gli ho prestato io.

Altre scarpe, odio le Hogan ma le scarpe che odio di più, oltre alle Kicker’s, sono quelle ortopediche che portavano i miei compagni alle elementari ma anche prima all'asilo. Ce le hai presenti, quelle scarpe numero 28, nere, quadratizzate, da cui sporgono quelle calze bianche fin sotto al ginocchio, mi ricordo all’asilo una volta Bobo, il mio compagno di banco con i capelli più rossi del mondo, che giocando mi ha dato un calcio in faccia con la suola di quelle scarpette ortopediche e da allora - mi fece uscire litri di sangue dai denti (forse mi ruppe il dente davanti da latte, finestrellandomi alla grande la dentatura sporgente per sei anni di ciuccio giorno e notte) - ho giurato a me stesso che se mai avrò un figlio le scarpette ortopediche non gliele metto manco morto, nemmeno se è storpio, manco se me ne regalano un set, le vado a rivendere a Caricamento. Giuro su budda con la maglia del Genoa.

Altre scarpe, quelle delle signore vecchie, ultra comode, che ho letto che l’Auditel ormai lo fanno soltanto per la fascia di età di gente che spende soldi, quindi i vecchi per loro fortuna non gli fanno gli spot della terza età. Le scarpe delle vecchiette sembrano sempre pantofole. Ma il signor Bata esiste veramente? E il signor Adidas, secondo voi va a cena dal signor Rana? E cosa mangiano, secondo voi, se per caso si invitano a cena a vicenda? Merce di scambio: il signor Rana gli dà tre chili di tortellini con la panna Chef in cambio di un paio di Stan Smith al signor Adidas.

2 Comments:

At 10:57 AM, Anonymous Anonimo said...

Dopo svariate interruzioni (perchè ridevo davvero troppo e in ufficio stavano chiamando l'ambulanza) finalmente sono riuscita a leggere sto pezzo per intero. Ma lo sai Paolo che i piedi e le scarpe in generale fanno parte della sfera erotica della persona? lo leggevo una volta in un articolo di non so quale psicologo che faceva l'esempio di una donna che continua a comprare scarpe e ne ha già una quantità esagerata è sinonimo di repressione sessuale. e io da donna mi dico che allora la stragrande maggioranza di popolazione femminile è repressa...cosa ne pensi?
poi, le scarpe che respirano non sono le tod's o le hogan (entrambe di mr della valle) ma della geox, mio papà le compra e dice che respirano veramente, ma non chiedermi come facciano.
Poi, menomale che ti sei ricordato di quanto puzzano le superga senza calza d'estate, le all star anche fanno loro una bella concorrenza (che io c'ho ancora le mie dei tempi delle medie e le metto ancora). Ma le scarpe più puzzolenti del mondo sono quelle di mio fratello, me le ricordo come se fosse ieri, le sue kronos rosse alte, che quando se le toglieva bisognava evacuare casa- anche dopo che mia mamma gli aveva comprato le solette in carbonio. Per la parentesi delle espadrillas in montagna, ti dirò, ti è mai capitato di dover fare una passeggiata/traversata sugli scogli con le infradito?? esperienza che non consiglio a nessuno! un bracio e complimenti!
PS la storia della guerra tra i pubblicitari è strepitosa

 
At 11:15 PM, Anonymous Anonimo said...

W le Clarks... eleganti, comode, chic...

 

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