talentaccio

mi è tornata voglia di scrivere

14 luglio 2006

Mortazza


Ieri sera siamo andati a vedere Syriana, un film complicatissimo con George Clooney più grasso di venti chili, con la barba lunga e tutto il resto, ma era figo lo stesso. Ma non è questo che conta. Quello che conta è che questo film è fatto strano. Ci sono tantissime storie parallele, che si svolgono contemporaneamente pur ruotando intorno agli stessi fatti, analizzati da diversi punti di vista.

Un po’ come nella realtà, dove i fatti si verificano in modo concentrico. Voglio dire che i fatti sono il risultato di moltissime componenti fra loro sconnesse, che in un determinato momento si concentrano e danno vita ad un avvenimento. Ad esempio, il fatto che io oggi mi sia mangiato un bel tocco di pizza bianca e mortadella, seduto davanti a Palazzo Farnese, è il risultato di molti fattori fra loro apparentemente sconnessi, ma uniti in un quadro sistemico che a prima vista non si vede. Non è che io sono il protagonista assoluto della mia scelta. Anche se di solito penso di esserlo, nelle cose che mi capitano. Ma non è così. Allo stesso modo nel film Syriana non c'è soltanto un protagonista, ma ci sono diverse storie. E' la storia che conta in questo film e non gli attori.

Prima cosa, non avevo voglia di insalata, la mangio sempre in questi giorni l’insalata, ma oggi non ne avevo voglia. Quindi ho deciso di cambiare menù. Di conseguenza, l’idea di mangiare la pizza bianca con la mortazza nasce dall’esclusione di almeno altre due concrete possibilità: mangiare l’insalata al bar Valle o a quello in via del Biscione, dove vado sempre negli ultimi tempi. Poi, il fatto che già ieri sera mi sentivo un vuoto di carboidrati nello stomaco, mi sentivo a rota di carboidrati, è proprio vero che se non mangio un bel piatto di pasta tutti i giorni poi vado in crisi di carboidrati e devo assolutamente mangiarmi della pizza, della mortadella delle cose così, panini dico.

Ma togliendomi dal mio punto di vista, posso anche dire che è stata la pizza bianca a muoversi verso il mio stomaco oggi a pranzo. Dribblando sul filo di lana la mia voglia di mangiarmi un bel Big Mac, ma francamente faceva un po’ troppo caldo per il Mac Donald’s. Il fatto che ieri sera mi fossi spazzato via una confezione da sei di bastoncini Findus non rientra nei fatti che hanno determinato la mia scelta odierna di optare per pizza bianca e mortazza.

Qualcuno stanotte avrà impastato quel pezzo di pizza bianca che mi ritrovo adesso nello stomaco, qualcun altro l’avrà tagliato, quel pezzo di pizza bianca, mettendoci in mezzo le fettazze di mortazza, preparando così quello che potenzialmente è il mio pranzo quotidiano di pizza bianca con la mortazza, che però soltanto oggi ho mangiato. Ma questo non vuol dire che anche ieri non ci fosse, questo pezzo di pizza bianca (ovviamente non lo stesso, ma uno del tutto simile) lì, al bancone del panettiere di Campo dei Fiori dove me lo sono comprato oggi.

Mi spiego? Spero di sì. Mi sembra una cosa importante, perché in questa mia mangiata a pranzo, sono coinvolte tantissime persone, ognuna con il suo mondo, le sue sensazioni ecc. che hanno contribuito a saziarmi oggi, di carboidrati. Ovviamente mi sarei potuto mangiare anche oggi una bella insalata, faceva anche più caldo di ieri, però avevo voglia di cambiare e tutte queste persone (dal fornaio al panettiere alla proprietaria della panetteria di campo dei Fiori) hanno fatto la loro particina perché io mi potessi godere il mio pranzo seduto a Piazza Farnese, sui sedili di marmo dell’ambasciata. Insomma, Syriana era tutto così: solo molto più complicato, non cerco nemmeno di sintetizzarlo perché va al di là delle mie facoltà mentali ora come ora.

Oggi a Piazza Farnese mentre mi mangiavo la pizza bianca seduto fra i turisti americani c’era la pazza di Piazza Farnese, quella con i capelli corti brizzolati, che urlava a squarciagola contro una finestra di un palazzo: “troia…puttana…..troia…..puttana…..”. Per venti minuti l’ha fatto. Poi, si è alzata, indossava un poncho colorato di lana, non so come faceva a resistere perché sembrava davvero invernale, e se n’è andata nelle sue infradito gialle. Si grattava i capelli, dietro, compulsivamente, come qualcuno che sta pensando a qualcosa e vuole scacciare il pensiero con le mani. Poi, a sprazzi, urlava ancora “troia…..puttana….troia….puttana….”.

Poi, mi sono bevuto la mia bottiglietta di Nepi leggermente frizzante, ho buttato la carta del panino, sono tornato verso il lavoro. A Campo dei Fiori c’erano i soliti pacchi di turisti con la cartina, una mi ha fermato, sembrava normale, voleva dei soldi per un caffè. Sono andato al bar, il tre effe, mi sono fatto un caffè, mi sono fumato le mie sigarette, ho incrociato lo sguardo con qualche donna, le solite con cui ti incroci lo sguardo, poi me ne sono tornato al lavoro.

Sono due giorni che lavoro poco, nel senso che raccolgo interviste e materiale però non scrivo articoli perché non hanno ancora deciso il timone. A me quando non scrivo articoli mi sembra che non sto lavorando, anche se parlare con chi ti farà scrivere, cioè le fonti degli articoli, lo so benissimo che è lavoro anche quello.