talentaccio

mi è tornata voglia di scrivere

05 gennaio 2013

Befana a Genova

Tornare a Genova è un po' come mettersi un paio di scarpe vecchie e comode, che non ti fanno male ai piedi perché le hai usate tanto, anche se ormai non le indossi più quasi mai. Ieri siamo andati a Staglieno, al cimitero, a trovare Gimmi. Era la prima volta che andavo a vedere dove è sepolto mio padre, anzi no, avevo già provato il primo maggio, ma il cimitero era chiuso per la festa dei lavoratori.

Abbiamo preso prima il 36 fino a via Roma e poi il 34, che fa capolinea al cimitero. In tutto ci vogliono più o meno tre quarti d'ora per arrivare e dal capolinea si entra attraverso l'ingresso secondario fino alla passeggiata dei loculi, che sono messi tutti in ordine cronologico.

Di fronte al cimitero c'è uno stabilimento, si una collina al di là del Bisagno, con l'Istituto italiano di saldatura, ma poi quando arrivi ai loculi non si sentono rumori dalla strada.

Prima di entrare ci siamo fermati dal fioraio e abbiamo comprato una rosa rossa, l'ha scelta Pietro. Dal fioraio c'erano tre cagnolini che si sono messi ad abbaiare, Pietro come un piccolo bambascione si è spaventato ma poi gli è subito passata, i cani erano davvero micro, tanto rumore per nulla.

La cosa che mi ha colpito di più la cimitero sono state le tombe con gli stemmi del Genoa e della Samp vicino alla foto del defunto. C'era pure un povero ragazzo, con la maglia della Samp addosso, si vede che giocava nella Primavera e lo hanno immortalato con la maglia blucerchiata. E un altro giovane morto a 18 anni in un incidente di moto, poveretto. E una serie di portachiavi appesi in qualche modo ai loculi, quasi tutti della Samp o del Genoa. Anche i ceri rossi sono carini, peccato che molti siano rovesciati o arrugginiti.

Le foto più belle sui loculi sono quelle di persone ritratte al mare, mentre prendono il sole, o direttamente in acqua mentre fanno il bagno o fanno cose di tutti i giorni. Ce ne sono parecchie così, e forse la regina assoluta è quella di una coppia di anziani affacciati insieme ad una stretta finestra mentre sorridono.

La foto di mio padre è decente, mia mamma prima che arrivassimo diceva che non le piaceva tanto, a me invece non dispiace per niente. Poi mi piace che sotto al nome e cognome ci sia scritto tra virgolette ”Gimmi”, il suo soprannome con il quale è conosciuto da tutti anche se io di solito lo chiamo Bammaeo. Sopra, c'è un'altra foto da deca e lode, di un operaio che sta lavorando con la sigaretta in bocca accucciato e pronto a passare il cemento su un pavimento.

Il tempo era molto bello e soleggiato, abbiamo messo il fiore, lì vicino c'è anche il loculo di Luis che ha una bella foto pure lui e mi fa piacere che nel corridoio dei loculi siano vicini, Luis e Bammaeo.

Pensavo molto peggio Staglieno, alla fine il posto dove riposa mio padre non è male, c'è il sole ed è facilmente raggiungibile in autobus. Per chi vuole andare a fargli visita è comodo e spero che lui sia d'accordo con me anche se avrebbe preferito qualcosa di diverso. Però almeno così uno sa dove andare a fare una preghiera per lui se ha voglia di fare una piccola gita.

All'uscita c'erano gli inservienti del cimitero che trasportavano due casse, mi sono ricordato della prima volta che abbiamo portato la bara di mio padre al cimitero, aveva la targhetta numero 17, sfiga fino all'ultimo secondo Bammaeo, ma si dice così per ridere perché intanto alla fine finiremo tutti allo stesso modo, si spera il più tardi possibile.

Siamo tornati indietro con il 34, il Bisagno un po' d'acqua ce l'ha in questo periodo, e a Manin abbiamo fatto un mini picnic con della focaccia che aveva comprato mia madre, io l'ho mangiata alla cipolla ai quattro palmenti e doppio menti. Ottima e poi siamo andati a piedi fino al Porto Antico. Una passeggiata un po' troppo lunga, fra via Assarotti e compagnia bella, Klainguti, il Britannia, Romanengo, palazzo San Giorgio, la sopraelevata, ecc. non ho più troppa coscienza delle distanze a Genova.

Pietro ha giocato con un ragazzino di colore che si chiama Joshua, oggi non ci siamo tornati la Porto Antico, perché Pietro non voleva uscire, sarà un po' stanco e sta guardando Persepolis in ingelese alla tv, senza protestare, si vede che è davvero stanco.

Ieri abbiamo preso la metropolitana da piazza San Giorgio a Brignole, non male come servizio, mentre il Bruco davvero fa schifo e speriamo che lo togano presto perché è un ricettacolo di degrado, come diceva una signora sul 36. Sul 36 è facilissimo fare conversazione con le vecchiette, hano molta voglia di parlare e di mugugnare un po'. Sono persino saliti i controllori sul 36, ma il biglietto ce l'avevamo, tiè!!

Oggi a pranzo abbiamo mangiato trofie al pesto e fegato e di antipasto una sleppa di focaccia con la cipolla.

Il tempo oggi è brutto e questa mattina ne abbiamo approfittato, Pietro si è fatto il bagno nella vasca – adora l'idromassaggio della Jacuzzi, che adesso si è trasformato in un getto d'acqua fortissimo – e io mi sono fatto la doccia con un bagno schiuma al limone molto aromatizzato. Mi sembra di essere una cotoletta ora o un'anatra all'arancio ripiena.

Ieri sera siamo andati a mangiare dalla Giovanna, tutto buono, e sul 36 c'era una signora, un'altra, che mi parlava dei suoi nipoti mentre Pietro faceva il bastian contrario e si impuntava per restare in piedi anche se c'erano tantissimi posti liberi a sedere.

Uno dei nipoti si chiama Dante, un nome un po' impegnativo, poi non so perché è venuto fuori il nome di Caproni, il poeata del viaggiatore cerimonioso che prima di scendere dal treno saluta chiunque con grande ossequio. Me lo voglio rileggere.

Me ne parlava, di Caproni, perché le ho detto che ormai vivo a Roma da anni, ma che tornare a Genova mi piace sempre perché la trovo una bellissima città. Lei mi ha detto come Caproni, che però diceva che a Roma non ci viveva, ma ci abitava soltanto.

Ieri sera, quando siamo tornati a casa, abbiamo fatto una partita a Fiaspel, un ”ever green” che non delude mai almeno me. Il backgammon lo lascio per un'altra volta, anche perché per Pietro è troppo difficile, ha soltanto cinque anni e gli facciamo la calza che domani è la Befana.