talentaccio

mi è tornata voglia di scrivere

16 gennaio 2016

La Ladra di piante, un noir magnetico

‘La ladra di piante’, il noir della mia amica e maestra di giornalismo Daniela Amenta, mi è piaciuto molto belin, e così scrivo questo post, per dire a tutti che se lo devono leggere perché è un bel giallo, anzi noir come la copertina (anche la copertina mi piace del libro, nera con la pianta rossa).



Complimenti Daniela, belin non perché sei mia amica e mia maestra di giornalismo anche se forse non te n’eri mai accorta ma io te lo dico sempre anche se non ci vediamo quasi mai, ma perché hai scritto un bel giallo, hai fatto un bel lavoretto di fino. Io di gialli me ne intendo, ne leggo a vagonate e quindi parlo a ragion veduta, in casa ho praticamente tutti i libri della Sellerio di chiunque e mi leggo il noir scandinavo da anni come fosse yogurt a colazione, tutti i giorni un giallo diverso a letto prima di dormire. Il mio sogno è scrivere un romanzo prima o poi e lo sanno anche i muri.

Ieri sera mi sono messo a letto e mi sono finito La ladra di piante, poi alla fine non contento, forse ero anche un po’ emozionato, mi sono letto pure un bellissimo Diabolik e poi mi sono fatto una notte sana di sonno.

Il libro mi è piaciuto perché fino alla fine non si capisce chi è l’assassino. C’è l’aprosdoketon, e non è male il giallo con l’aprosdoketon finale. E’ vero che io non sono una cima, come dicono a Genova, cioè non sono troppo perspicace, non sono uno sveglissimo, ma la svolta finale è una bella sorpresa.

Mi è piaciuto questo amore per le piante e per la musica, con tutti i nomi delle piante scientifici. Io non so niente né di piante né di musica, però l’amore per queste due cose è evidente, esce dalle pagine. Sgorga dalle pagine e concima tutta la storia.

Sono belle tutte le storie nelle storie che si collegano fra loro attraverso i personaggi, tutti pennellati con grande maestria e non ne dubitavo.

I giri in motorino per la città, il comitato di quartiere per salvare Villa Sciarra, il ruolo attivo dei gatti che sono personaggi a tutti gli effetti, come d’altronde lo sono le piante che sembrano prendere vita nella concimazione e nella giungla del terrazzo.

Il vivaio, come luogo edenico, unico luogo di felicità della protagonista e il vivaista che diventa una specie di sciamano portatore di sapere anzi di sapienza antica.

I colori e la cappa di afa di Roma, descritta con struggente affetto da parte di Daniela, che ci porta con sé in questo tour interiore che si riflette nei suoi luoghi con potenza e sgasate di quel suo motorino, Arpad, che sembra quasi una rievocazione di Moby Dick e del capitano Achab con la sua Balena bianca imprendibile.

E poi i dettagli sulla zeta del gazometro e la storia nella storia della madre di Magritte, morta annegata e vista cadavere dal figlio pittore che per questo non avrebbe mai in futuro disegnato il volto di nessuno nei suoi quadri. Grandi immagini, grande immaginazione, grande respiro letterario ma sempre nella cornice noir, grande prova tecnica.

La violenza e le sue conseguenze, i suoi danni. Il dolore e poi però anche le risate con la giornata al mare, che ritorna anche alla fine come dimensione purificatrice, e il cuore del melone spaccato a Piazza Belli.

Immagini forti, vivide con la puzza del Tevere che sembra di sentirla lì, sopra la nave dell’Isola Tiberina. Viale Marconi, l’informatore Spada, l’afa sudata della città con cui ci scontriamo tutti i giorni e che però non possiamo fare altro che amare, alla fine, nonostante quella tirata, quella lunga parentesi dove Daniela, hai sputato tutta la durezza e l’incazzatura (condivisibile) nei confronti di una metropoli che ci fa tanto soffrire a volte.

Però devo dire due cose specifiche che mi hanno toccato. Uno, che il 19 settembre (la data dell’inchiesta nel libro) è il mio compleanno e questi sono segni importanti per me che ci credo ai segni e quindi se c’è scritto nel libro di Daniela vuol dire che un mio libro prima o poi lo scrivo pure io.

E due, che la descrizione della redazione e del giornalista è favolosa. Quando deve titolare Daniela ci metti il tuo cavallo di battaglia, ‘Giallo a Monteverde Vecchio', belin in vita tua quanti ne hai fatti di titoli così, questo per me è il tuo sogno di titolo ideale. E ora però secondo me ci vorrebbe la seconda puntata perché vogliamo sapere come va avanti, soprattutto come sta il vivaista e il re della cantina belin.